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Piante officinali
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Quercus robur

Famiglia: FAGACEAE Dumortier
Subfamiglia: Quercoideae
Genere: QUERCUS L.
Subgenere: Quercus Oersted
Specie: Quercus robur L. subsp. robur s.s.
Sinonimi: Quercus pedunculata Ehrh.
Nom. com. Farnia

Descrizione, morfologia:
Grande albero, di prima grandezza, di primaria importanza ecologica e nelle migliori condizioni anche economica; alto in bosco, mediamente fino a 30-35 m ma può raggiungere i 50m e diametri del tronco oltre due metri; specie molto longeva superando anche i 500 anni di vita.
La farnia ha tronco robusto e negli esemplari isolati si ramifica in grosse branche perdendo presto la sua identità, formando una chioma molto ampia che nella parte basale è formata da rami grossi e portati orizzontalmente; la chioma non è mai molto densa. In bosco il tronco è dritto e ramificato solo nella parte apicale con i rami più bassi portati orizzontalmente e nella parte distale con rami che formano man mano angoli più acuti sempre con chioma non molto densa; la dominanza apicale si divide su numerosi rami e forma una chioma ovale che in età avanzata diviene ampia.
La corteccia giovane è liscia e grigiastra per molti anni (10-20) forma, poi, man mano un ritidoma fessurato longitudinalmente con solchi regolari e profondi divisi da fessure orizzontali meno profonde formando principalmente placche rettangolari allungate.
I rametti dell’anno, sono grigi o brunastri lisci e lucidi con lenticelle biancastre a volte anche angolosi, portano gemme poligonali o ovoidali, glabrescenti pluriperulate embriciate e nella parte apicale del rametto si addensano formando un caratteristico pseudoverticillo.
La crescita è monopodiale con delle caratteristiche particolari, spesso c’è inibizione dei meristemi apicali e l’allungamento è affidato ad una gemma laterale e la parte apicale dissecca.

Foglie, fiori, semi:
le foglie sono caduche a contorno obovato-oblunghe, più larghe nel terzo distale, ristrette alla base e leggermente e irregolarmente asimmetriche con 5-7 lobi ampi e seni arrotondati e presso il corto picciolo (2-5mm) si formano due caratteristici piccoli lobi ineguali (orecchiette).
Le foglie hanno consistenza erbacea e solo a fine stagione diventano un po’ più coriacee; sono lucide e di colore verde medio nella pagina superiore, più chiare in quella inferiore per cere epicuticolari a struttura in scaglie verticali caratteristiche del sottogenere Quercus; hanno dimensioni che vanno da (5) 10-12 a (15) cm di lunghezza e 3-6 cm di larghezza.
La fioritura è contemporanea alla fogliazione dalla fine di aprile a maggio ed è formata da fiori maschili in amenti pauciflori (10-12 fiori) penduli alla base del ramo dell’anno, hanno perianzio giallastro, hanno 4-12 stami con antere glabre.
I fiori femminili sono localizzati nella parte apicale del rametto all’ascella delle foglie, formati da brevi spighe di 2-5 elementi portati da un peduncolo glabro di 3-5 cm; il fiore è formato da 3 stigmi di colore rossastro avvolti da brattee ovali lungamente acuminate, l’impollinazione è anemofila.
La Farnia ha una fase giovanile piuttosto lunga; negli esemplari isolati, inizia a fruttificare regolarmente verso i 30 anni, mentre in bosco per avere fruttificazioni abbastanza regolari bisogna aspettare i 60-70 anni di età.
La fecondazione avviene dopo circa due mesi dall’impollinazione, il peduncolo dei fiori femminili si allunga fino a 5-12 cm (come l’epiteto specifico pedunculata fa capire). I frutti, chiamate ghiande, maturano nell’anno, in settembre-ottobre, hanno una cupola che li copre per 1/4 - 1/3, è formata da squame embriciate di forma triangolare, più grandi vicino al picciolo.
La ghianda è allungata e liscia con dimensioni variabili da 2 a 3,5 cm a maturità di colore marrone con striature longitudinali più scure.
Il frutto è recalcitrante (germina subito) di conseguenza va seminato subito alla maturazione, la diffusione è principalmente zoocora.
La plantula ha l’epicotile glabro e la prima foglia è omomorfa ma sessile o subsessile poco lobata, le successive simili alle definitive, spesso, se l’inverno non è tanto rigido, rimangono verdi fino a primavera.


Legno, apparato radicale:
nella Farnia l’apparato radicale è inizialmente un grosso fittone che penetra profondamente nel terreno, ma in pochi anni si formano anche robuste radici laterali che ancorano saldamente la pianta; verso i 60-70 anni però il fittone perde la sua dominanza e rimangono le numerose e robuste radici laterali che creano una rizosfera molto espansa, ma abbastanza superficiale rispetto alle altre querce, questo è probabilmente anche un adattamento della specie a terreni con falda freatica superficiale, altrimenti soggette ad asfissia, il suo habitat usuale.
Il legno della Farnia è molto pregiato in particolare quello derivato da piante cresciute in modo costante e non molto vigorose, gli anelli annuali di accrescimento dovrebbero essere inferiori al cm. di spessore, ciò si ottiene in zone con clima da subcontinentale a continentale, in popolamenti di buona densità, (Slavonia).
E’ un legno di ottima durata anche se a contatto con acqua, anche perchè è impregnato di tannini che lo rendono imputrescibile, è di facile lavorazione, serve per costruzioni navali, edili, per travature, per mobili, pavimenti e per doghe per botti, è un ottimo combustibile e produce un ottimo carbone; “ il rovere di Slavonia” è normalmente legno di Farnia.
In genere il legno di Farnia non si differenzia dal legno della Rovere e le due provenienze hanno i medesimi usi.
Il legno ha alburno giallastro o più o meno biancastro e il duramen (massello), più scuro marrone chiaro che però tende a scurirsi nel tempo, ha anelli di accrescimento annuale ben distinti ed evidenti, anche ad occhio nudo, vasi primaverili che formano un cerchio, (legno a porosità anulare), ha numerosi raggi parenchimatici, uniseriati e pluriseriati larghi e molto visibili (specchiature).

Areale, ecologia:
la specie ha un areale che è il più vasto di tutte le querce europee.
In Europa a nord raggiunge la Scandinavia meridionale e nella Norvegia raggiunge il 63° parallelo, in Russia segue il 60° parallelo fino agli Urali, ad est raggiunge il Caucaso, a sud oltre l’Italia si trova in tutta la regione balcanica e nell’Anatolia, manca in Corsica e nelle isole Baleari, a ovest raggiunge il fiume Douro, tutta la Francia e la regione inglese.
In Italia, è presente in tutte le regioni tranne la Sardegna ma per il terreno fertile e pianeggiante (pianure alluvionali) occupato naturalmente dalla specie i querceti sono stati quasi totalmente sostituiti dalle colture agrarie e la Farnia si trova distribuita a gruppi o in filari o individui isolati lungo la penisola.
L’ecologia della specie, (autoecologia) la caratterizza come componente delle grandi foreste planiziali tendenzialmente continentali dell’Europa centrale e orientale, con inverni rigidi e estati calde ma mai secche, è piuttosto esigente in luce e anche da semenzale tollera per pochi anni l’ombreggiamento.
Predilige i terreni profondi, freschi, fertili con humus di tipo mull o idromull, ma rifugge quelli troppo compatti, a reazione da subacida a subalcalina; con buona disponibilità idrica per tutto l’anno, anche con falda freatica superficiale.
Nei mesi invernali l’apparato radicale sopporta anche per 2-3 mesi la sommersione.
La Farnia, in Italia, in condizioni naturali, forma fitocenosi con diverse latifoglie, costituendo e caratterizzando i boschi di pianura riferibili ai “Querco-carpineti planiziali” che in epoca storica erano diffusi in tutta la pianura Padano-veneto-friulana; i romani chiamavano queste grandi selve la “Silva lupanica”.
Oggi, questi terreni molto fertili, sono totalmente resi coltivabili e di queste selve rimangono piccoli lembi di boschi qua e là, di poche centinaia di ettari e nei terreni peggiori, anche questi frammenti, di grande valenza ecologica, sono minacciati da bonifiche che abbassano molto la falda freatica, indeboliscono queste formazioni e contribuiscono al “deperimento delle querce”.
Sono formazioni composte principalmente da Farnia, Carpino bianco, Olmo campestre, Acero campestre, Frassino ossifillo, e a seconda di condizioni edafiche e climatiche più o meno fresche, si arricchiscono di ulteriori specie più termofile o più microterme anche nello strato arbustivo ed erbaceo.
Nel nord-Italia la zona di elezione di questa specie, è la pianura Padano-veneta-friulana in condizioni di falda freatica superficiale, dove forma o formerebbe le associazioni ascrivibili ai “Querco –Carpinetum boreoitalicum” Pignatti 1953 ex Lausi 1966; queste fitocenosi in seguito, vengono divise in varie sub-associazioni e varianti e si possono ancora trovare relitte in Toscana e Lazio.
Nelle alte pianure e zone collinari in condizioni di buona fertilità e freschezza (piane alluvionali recenti, impluvi) la specie forma fitocenosi ascrivibili a Querco-Carpineti collinari, che si differenziano per la partecipazione di specie più esigenti in freschezza avvicinandosi più ai Querco-Carpineti centro-est-europei; al posto del Frassino ossifillo c’è il Frassino maggiore e vi partecipano Castagno, Acero di monte e Acero riccio, Olmo montano, Ciliegio selvatico e il Pado (Ciliegio a grappoli), nelle zone più drenate vi partecipa la Rovere; nello strato erbaceo sono presenti diffusamente geofite (Galanthus nivalis, Crocus napolitanus, Anemone nemorosa, Anemone ranuncoloides e Anemone trifolia)
Nell’Italia centrale e meridionale, oltre alle già ricordate zone planiziali di Toscana e Lazio, la Farnia si trova in modo sporadico sempre in condizioni di massima freschezza (Impluvi e/o alluvioni recenti) entrando in contatto dal basso con le leccete e dall’alto con le faggete, castagneti e gli ontaneti di Ontano napoletano. Purtroppo questa specie occupava principalmente le zone più fertili del territorio e la maggior parte di questi ambienti è stata modificata dall’uomo per le coltivazioni e la contrazione della sua presenza continua tuttora con forte rischio di scomparsa in molte zone dell’Italia peninsulare anche dovuta alle pessime zone di rifugio in cui si trova, accentuando i già forti attacchi di deperimento di cui è afflitta.
La farnia è una forte consumatrice di acqua e queste sue esigenze la rendono particolarmente suscettibile, nelle annate siccitose, agli stress idrici e si manifestano disseccamenti e alterazioni delle ramificazioni con la formazione di numerosi rami epicormici, sia sul tronco che sulle branche principali

Note, possibile confusione:
in questa scheda è presentata la specie in s.s. (sensu stricto) senso stretto, ma in natura spesso si incontrano piante con caratteristiche intermedie là dove le sue formazioni o piante isolate incontrano, principalmente la Rovere (Q. petraea Liebl.), ma anche altre querce, (Q. pubescens Willd., Q. virgiliana Ten.); tutto l’aggregato o gruppo di Q. robur ha 2n = 24.
In ogni caso la variabilità della forma delle foglie è massima, sia su individui diversi sia in popolazioni, sia sullo stesso individuo; in questo Genere la speciazione è tuttaltro che terminata ma la differenziazione ecologica è abbastanza ben segregata.
Le specie del Genere sono relativamente giovani in quanto pare che nel periodo freddo del Quaternario, durante l’ultima glaciazione del Wurm., tutte le Querce si siano rifugiate attorno al Mediterraneo, nella Penisola Iberica, P. Balcanica, Anatolia, Magreb alcune zone della nostra penisola ed isole.
Solo alla fine della glaciazione, tre specie sono state in grado di diffondersi verso settentrione, la Farnia, la Rovere e la Roverella. Circa 5000-7000 anni fa queste tre specie avevano occupato tre spazi ecologici ben differenziati e con l’assenza di interventi antropici, le fitocenosi omogenee avrebbero fissato i caratteri attuali delle specie; foreste su suoli acidi, drenati e atmosfera umida: cenosi a Rovere; suoli calcarei asciutti: cenosi a Roverella; zone alluvionali su terreni profondi e con falda freatica superficiale: cenosi a Farnia.
In queste condizioni le cenosi omogenee avevano poco o per nulla modo di scambiarsi i pollini e le introgressioni genetiche erano certamente poco diffuse; in seguito l’uomo per le sue esigenze, specialmente durante l’impero romano con la formazione delle Centurie nelle grandi pianure, ma anche con lo sfruttamento dei boschi a Rovere per la costruzioni della flotta dell’impero; infine ai nostri giorni in cui abbiamo relegato queste formazioni in zone inidonee divise solo da ampi spazi coltivati dove il vento può agevolmente scambiare i pollini e di conseguenza i geni delle tre specie, producendo la notevole variabilità attuale.
In questa situazione, forse, lo scambio continuo di geni può rendere il Genere molto più plastico e capace di adattarsi ai cambiamenti climatici.
Purtroppo da diversi anni si è osservato che il Genere viene colpito da patologie, monitorate da diverse università, ma l’eziologia non è compresa completamente, viene chiamato “Deperimento delle Querce”.
Ingiallimento della chioma, microfillia, emissione di rametti epicormici e sulle branche principali, emissione di essudati da fessurazioni della corteccia alcune volte si riscontrano attacchi di funghi lignivori opportunisti che possono portare a morte la pianta.
La Farnia in particolare, viene colpita più o meno gravemente dall’Oidio (Microsphaera alphitoides) specialmente nelle stagioni asciutte e afose che negli ultimi anni si succedono di frequente.
Questa patologia fungina della chioma, indebolisce anno dopo anno le piante colpite in modo grave, non permettendo di fotosintetizzare in modo sufficiente a creare una buona quantità di sostanze di riserva per la stagione successiva.
Pare che il “Deperimento delle Querce” sia diffuso in tutto il mondo, in America del nord è stato accertato e rende ancora più enigmatica questa patologia.

Nella grande variablità fenologica della specie, “Flora Europea” 1993 ed anche “Flora d’Italia” di Pignatti prima , individuano due sottospecie:

-Quercus robur subsp. robur ( che è quella descritta in questa scheda e comprende: Q. estremadurensis O. Schwarz, Q. r. subsp.broteroana O. Schwarz e Q. haas Kotschy).
Diffusa in tutto l’areale.

-Quercus robur subsp. brutia (Ten.) O. Schwarz, limitata all’Italia meridionale e alla costa adriatica della penisola balcanica: si distingue dal tipo precedente, per i rametti e le foglie inizialmente pubescenti, le foglie poi, hanno seni molto stretti e la cupola della ghianda è più grande fino a 23 mm di diametro con squame patenti all’apice.

Per motivi ornamentali sono state selezionate numerose varietà, per il portamento:
Q. robur var.fastigiata Lam.che ha portamento colonnare ed è la più diffusa nei giardini e nei parchi; altre varietà e forse la stessa Q. pedunculiflora C. Koch, presente nell’area balcanica è un’ibridazione introgressiva con querce più xerofile come la Roverella (Kleinschmit 1993).
Quercus. x rosacea Bechst (Q. petraea x Q. robur)
Quercus x sargentii Rehd. (Q. prinus L. x Q. robur)
Quercus x turneri Willd. (Q. ilex x Q. robur)
questi ibridi sono antropogenici

Quercus x hickelii Camus (Q. pontica C.koch x Q. robur)
si tratta di un ibrido naturale.

Principali fonti:

"Botanica forestale di R. Gellini e P. Grossoni, CEDAM 1997
"Flora d'Italia" di S. Pignatti 1982
"Alberi e arbusti in Italia" di M. Ferrari e D. Medici, Edagricole 2003
"Monti e boschi" Edagricole
"Flora, fitocenosi e ambiente" D. Ubaldi CLUEB 2003
"Guida ai suoli forestali" di E. Abramo, G. Michelutti, D.R.F. 1998
"Elementi di fitosociologia" di A. Pirola, CLUEB 1999
"La vegetazione forestale e la selvicoltura nella regione Friuli.V.G." di R. Del Favero e L. Poldini D.R.F. 1998
"Insetti e funghi dannosi ai nostri boschi nel Friuli.V.G. di F.Stergulc e G. Frigimeli